lunedì 8 aprile 2013

David Mitchell, L'atlante delle nuvole (Cloud Atlas)


E' il libro da cui ho tratto il titolo del blog. Devo essere sincera, l'ho conosciuto solo dopo il film, mi sono piaciuti entrambi moltissimo, tanto da entrare nelle mie top ten.

Si tratta di un romanzo composto da sei storie che differiscono per genere e stile, al tempo stesso però legate tra loro: ognuna è letta o ascoltata da quella precedente, come una sorta di matrioska.

Lasciamo però perdere la struttura singolare, perché la trama (o meglio, le trame) merita molta attenzione.

Si comincia con il diario di bordo di un legale che viaggia per l'Oceania, e potremmo dire che tratta di schiavismo e colonialismo. Forse è la meno avvincente. Penso vi si possano trovare la radici che svilupperanno la storia futura. In particolare mi ha colpito il momento in cui raggiungono un'isola in cui ai nativi è insegnato a fumare. Perché? Perché rendendoli dipendenti da qualcosa, svilupperanno il bisogno di tabacco, e quindi avranno un motivo per lavorare, quando la loro cultura/filosofia di vita era molto più libera, del tipo "ho fame -> caccio". Io ci ho letto le radici del capitalismo, i cui risultati saranno ben evidenti nella storia ambientata nel futuro, in Corea.

Comunque sia, il diario viene letto da un giovane ragazzo che aiuta un anziano compositore a scrivere musica. Si tratta di un romanzo epistolare, Robert Frobisher (il giovane, che tre le altre cose compone il sestetto atlante delle nuvole, che dà titolo al libro) scrive le sue esperienze al suo amante. Molto carina da leggere.

Queste lettere finiscono nelle mani della protagonista della terza storia, onestamente quella che mi è piaciuta meno, parla di una giornalista che indaga su un reattore nucleare...tra omicidi e complotti, diventa oggetto di un libro, spedito ad un editore che è al centro del racconto successivo.

E' uno dei racconti più belli, le sfighe che capitano al protagonista sono fantastiche. Diventa un film, che Sonmi-451 avrà occasione di vedere.

Eccoci quindi al punto più interessante di tutto il libro. Siamo in una Corea del futuro, una società classista fatta di servi e consumatori. Centrale è il problema dei diritti degli artifici (tipo replicanti). Sonmi-451 è una di loro, che però ha cominciato ad "ascendere"; l'ascensione è una sorta di emancipazione.
Mi ha colpito il fatto che in quella società gli oggetti non sono chiamati con il nome loro proprio ma col nome di alcune marche. Le macchine sono le "ford", le macchine fotografiche "nikon" e così via...

Il finale è terribile, non sto a spoilerare, ma spiegano come, per i governi, avere dei nemici è fondamentale, aiuta a mantenere lo status quo.

Ho notato che la fantascienza raramente riesce a descrivere futuri desiderabili, possibile che gli esseri umani siano tanto pessimisti?

Sonmi-451 racconta la sua vicenda in un'intervista, che diventerà un messaggio dal forte impatto spirituale, recepito da una società post-apocalittica nelle Hawaii. Siamo quindi al racconto centrale. Da qui in poi, in modo speculare, ogni storia è ripresa e conclusa.

Lascio qualche citazione che mi è piaciuta...


La risata è anarchica e blasfema. I tiranni fanno bene a temerla.

In principio c'è l'ignoranza. L'ignoranza genera paura. La paura genera odio, e l'odio genera violenza. La violenza crea altra violenza, finché l'unica legge diventa ciò che viene stabilito dal più forte.

I missionari sono così malleabili quando li freghi facendogli credere che sei un possibile convertito.

Anche nel campo dei giovani si trovano molte anime Non Morte. Sono sempre così di corsa che riescono a celare la loro putrefazione per pochi decenni, tutto qui.

Il potere, il tempo, la forza di gravità e l'amore. Tutte le forze che fanno girare il mondo sono invisibili.

Robert, c'è sempre un'altra guerra che arriva. Non sono mai davvero spente. Chi è che riattizza le ceneri? Il desiderio di potere, che è la spina dorsale della natura umana. La minaccia della violenza, la paura della violenza o la violenza in sé, sono lo strumento di questa volontà spaventosa. La volontà di potenza si vede nelle stanze da letto, in cucina, nelle fabbriche, nei sindacati e ai confini degli stati. Stammi a sentire e tienilo bene a mente. La nozione di stato è solo la natura umana gonfiata a proporzioni mostruose.

Un bel giorno, questo mondo dominato interamente da predatori andrà incontro all'autodistruzione. Sì, il diavolo farà sì che il primo sia l'ultimo. Nel singolo, l'egoismo abbruttisce l'anima; nella specie umana, egoismo significa estinzione.

martedì 2 aprile 2013

Presentazione e sherazade all'indigo

Tentativo di blogging numero mille. Qualcosa però è cambiato, tempo fa ho pensato di creare un canale youtube da dedicare alla videorecensione di libri, ma sono troppo pigra per fare i video e soprattutto troppo povera per comprarmi una videocamera.
(Non nemmeno idea di quanto costino)

Inoltre coltivo l'hobby dello spignatto, e mi sembrava carino condividere col mondo le mie esperienze e ricette.

Partiamo con la mia ultima scoperta: la sherazade! Continuavo a leggere questa parola nel forum Capelli di fata mentre mi informavo sull'utilizzo dell'indigo e mi chiedevo cosa fosse, poi ho scoperto che è la versione fai da te di una maschera post shampoo della Lush ormai fuori produzione; dovrebbe aiutare a mantenere il colore/riflessi tra un'hennata e l'altra.

Brevemente, si tratta di mescolare dell'henné con il proprio balsamo e un po' d'aceto, tenere in posa sui capelli umidi per un po' (da mezz'ora a anche due ore) e infine risciacquare.

Solitamente io il balsamo me lo spignatto, ma purtroppo mi sono ritrovata in questo momento senza condizionanti, così ho dovuto comprarne due, lo Splendor al cocco e una maschera Garnier, quella all'henné e aceto di mora. Non hanno ingredienti bellissimi, ma io fortunatamente li uso raramente, solo quando mi lavo i capelli con lo shampoo, tipo 1 volta a settimana o ogni due.

Ho proceduto in questo modo: pappetta con 3 cucchiai di indigo Zarqa (comprato da Spice of India, sui miei capelli non colora molto - prossimamente su questi schermi un focus sulla mia esperienza con l'indigo -, quindi lo riciclerò così) e acqua calda quanto basta, unita a tre cucchiaini colmi di maschera Garnier.

L'indigo a differenza dell'henné preferisce pH alcalini, quindi ho omesso l'aceto.

Insomma: doccia con shampoo fatto da me diluito in acqua, capelli tamponati, sherazade in posa per circa 50 minuti, risciacquo. Alla fine di tutta la tiritera i capelli sono morbidissimi facili da pettinare. Mi sembrano lievemente più scuri, sarà autosuggestione? Nel dubbio, tanto vale provare a farla, male non fa di certo ;)

Spero entro sera o al massimo domattina di riuscire ad inserire almeno una recensioncina di un libro, magari L'atlante delle nuvole...